Storia e forme del nostro oro rosso
Dal suo arrivo nel Vecchio Mondo e a seguito dei numerosi scambi che si verificarono tra la diverse nazioni, il peperoncino si è evoluto in numerose specie e migliaia di cultivar; ha assunto nuove forme e nuove intensità di piccantezza a seconda dell’areale di produzione, delle caratteristiche genetiche e del luogo in cui viene coltivato. Il peperoncino piccante era usato come alimento nel continente americano fin da tempi antichissimi. Dalla testimonianza di reperti archeologici viene segnalato già nel 5.500 a.C. in Messico ed Ecuador, presente in quelle zone come pianta coltivata, ed era la sola spezia usata dagli indiani del Cile e del Messico. Però si ritiene che il suo consumo risalga ad almeno il 7500 a.C., e che si tratti di una delle primissime specie coltivate in quel centro di origine dell’agricoltura. Quando si pensa al peperoncino, le prime immagini che ci scorrono nella mente ci rimandano agli altopiani delle Ande (zona originale di provenienza) o alla Calabria. La sua rusticità ha permesso di attecchire su tutta la penisola italiana. Cristoforo Colombo sin da subito intuisce e sostiene le qualità nutritive del peperoncino, che trova in abbondanza. Gli sembra finanche migliore del pepe. E infatti già dal secondo viaggio, Colombo porta in Spagna il peperoncino e lo diffonde avviandone la coltivazione della pianta nel vecchio mondo. Si immaginava che questa potesse essere una spezia da importare con interessante profitto, ma ci si accorse ben presto che era più semplice e conveniente coltivarla direttamente in Europa. Una delle principali caratteristiche del peperoncino è la versatilità. In cucina può essere utilizzato sia fresco che essiccato o in polvere per insaporire prodotti ittici, salse, sughi, ma anche carni, formaggi e salumi. In taluni casi può costituire non solo la funzione di spezia, ma può diventare il vero protagonista di alcune preparazioni culinarie. Nel corso dei secoli è diventato uno dei principali condimenti utilizzati nella cucina mediterranea, in particolare nelle regioni del sud Italia che ne hanno fatto la base per diversi prodotti tipici regionali. Spicca tra queste la Calabria, dove il peperoncino è un vero e proprio culto, che offre tra l’altro diversi insaccati, tra cui la ‘Nduja, a base di carne e grasso di maiale e molto peperoncino (diavolicchio) in polvere. Armonizza bene il grasso, degustando i prodotti della salumeria calabrese si avvertono infatti sapori caldi e pieni dove i sapori sono esaltati senza essere coperti. Pur avendo un sapore deciso e robusto ben si presta a completare una preparazione delicata come i bianchetti (la neonata) che è una preparazione ittica a base di novellame di pesce dove Trebisacce, un piccolo porto ittico dell’Alto Jonio cosentino, rientra tra le zone di produzione più rinomate. Inoltre è uno degli ingredienti del cocktail Bloody Mary. La crescente domanda di prodotti a base di peperoncino ha spinto le aziende a sviluppare nuovi “linguaggi del gusto”, sotto questo impulso sono nate leccornie come la crema di Nocciola del Piemonte IGP con Habanero Rosso, diverse creme spalmabili sia dolci che salate, alcuni formati di pasta con peperoncino fino ad arrivare alla ideazione di lievitati da ricorrenza contenenti peperoncini canditi.
Il peperoncino non è solo usato per dare la sensazione di piccantezza al piatto ma anche per conferire specifiche caratteristiche organolettiche alla pietanza. In ragione di ciò è più corretto parlare di peperoncini al plurale in quanto ognuna delle cinque specie coltivate ha un panel di note aromatiche diverse. Tali note aromatiche sono accentuate anche tra le diverse varietà della stessa specie. I miei percorsi di degustazione sono strutturati in maniera da poter risvegliare, misurare e interpretare le singole portate in quanto esito della percezione non solo tramite i sensi dell’olfatto e del gusto, ma anche dell’udito, del tatto e soprattutto della vista perché i piatti oltre che buoni saranno anche belli da vedere e si lasceranno mangiare con gli occhi.
In generale dal punto di vista gusto-olfattivo possiamo dividere i peperoncini nelle cinque specie più utilizzate commercialmente.
Ai nostri giorni sono conosciute 26 specie di peperoncino ma le uniche ad essere coltivate per uso alimentare e quindi di interesse commerciale sono cinque, ognuna delle quali conta cultivar diverse: Capsicum annuum, Capsicum frutescens, Capsicum chinense, Capsicum baccatum e Capsicum pubescens. Le varietà comprese nella specie Capsicum annuum ( con SHU[1] 1000-4000) sono caratterizzate da una percezione pressoché istantanea al momento della masticazione. La sensazione di piccante aggredisce ed avvolge sin da subito tutto il cavo orale, risulta essere pungente, mentre il tempo di percezione è limitato. L’aroma e il retrogusto sono caratterizzati da note fruttate, tipico sentore per questa specie è la nota di peperone. Fanno parte di questa specie: Tondo calabrese, Friarello, Jalapeño. Simili sono le note aromatiche presenti nei Capsicum baccatum anche se la piccantezza è meno aggressiva. Fanno parte di questa specie: Bird Pepper, Aji Amarillo, Hot Lemon. Mentre i Capsicum pubescens danno la caratteristica nota fruttata. Per quanto riguarda i Capsicum chinense di cui fanno parte i vari Habanero, Jolokia, Carolina reaper, Scotch Bonnet la componente aromatica gioca un ruolo fonamentale. Gli Habanero hanno una nota vanigliata e di albicocche e l’aroma può essere più o meno marcato, si sposa bene con il cioccolato. Mentre le varietà appartenenti agli Jolokia oltre alla nota vanigliata conferiscono un leggero sentore di agrumato.
Per mitigare un eventuale eccesso di bruciore il metodo migliore è mangiare qualsiasi formaggio a pasta morbida o latticino. La caseina infatti ha la capacità di rimuovere la capsaicina dai recettori nervosi. Essa si scioglie molto bene anche nei grassi e nell’alcool, quindi anche prodotti grassi o bevande alcoliche aiutano a rimuovere la sensazione dolorosa. Ecco perché in alcune preparazioni è stato previsto un ripieno a base di produzioni casearie.
L’abbinamento con le bevande è una ricerca in continua evoluzione, l’argomento è fondamentale per gli appassionati della buona tavola, perché nulla completa ed esalta i piaceri della tavola meglio di un buon bicchiere di vino. Nonostante l’abbinamento di vino e peperoncino sia considerato difficile da alcuni sommelier, a causa delle prorompenti sensazioni causate dalla capsaicina che rischierebbero di frapporsi tra le papille gustative e gli aromi del vino. Nuovi esperimenti sono tesi ad esaltarne le caratteristiche sensoriali lasciandosi alle spalle pregiudizi e persino tradizioni consolidate per esplorare nuovi sapori e inedite combinazioni. Ovviamente, le preparazioni gastronomiche dove è presente il peperoncino necessitano di una particolare attenzione per l’abbinamento, infatti non tutti i vini si sposano con la sensazione piccante, infatti c’è molta differenza tra le varie tipologie di vinificazione. I tannini contenuti nel vino rosso tendono ad asciugare il cavo orale e ne esaltano maggiormente la percezione del piccante. A mio avviso è quindi sconsigliabile l’accostamento del vino rosso su preparazioni che contengono al loro interno peperoncini appartenenti alla specie dei C. chinense.
Per quanto riguarda le vinificazioni in bianco, invece la scelta è molto più ampia. Proprio per la presenza dei flavonoidi, metaboliti secondari delle piante, interferiscono con i recettori della capsaicina e intervengono per ridurne la percezione. Meglio ancora se venissero abbinati dei vini con presenza di bollicine, in quanto smorzano ancora meglio la sensazione. Per poter abbinare un vino ad un piatto con spiccate caratteristiche piccanti, bisogna applicare le tecniche generali di abbinamento cibo-vino, considerare gli elementi appena enunciati, conoscere le caratteristiche aromatiche del peperoncino utilizzato e le sue note all’interno della pietanza. Quindi se abbinare il peperoncino giusto ad un piatto già di per sé richiede competenze specifiche, abbinarci un vino diventa uno lavoro ancora più difficile perché altrimenti si rischierebbe di non saper abbinare il giusto calice in grado di mitigarne la piccantezza, esaltarne gli aromi e rendere l’esperienza sensoriale unica ed indimenticabile.
Giuseppe Salvatore Paladino
Pubblicato su Sala e Cucina
n° di Marzo 2021